Pecorino Toscano
“Lo strazio e 'l
grande scempio che fece l'Arbia colorata in rosso,tal orazion fa far nel nostro
tempio” (inferno XI, 85)
Ora vi domanderete: Dante ed il
pecorino? Cosa centra il sommo poeta con un formaggio? Non vi preoccupate cari
amici, non dovete rispolverare i vostri vecchi libri sulla divina commedia alla
ricerca di qualche traccia su un'eventuale doppia vita agricola di Dante. In
realtà tali versi descrivono la famosa battaglia di Montaperti (1260) svoltasi
nel cuore delle Creti Senesi, ed è proprio in questa terra ricca di storia e
sangue, che inizia il percorso alla scoperta di una delle eccellenze
dell'enogastronomia Toscana: il pecorino.
In queste terre collinari erose
dal tempo l’attività pastorizia è sempre stata presente; ma solo dopo l’arrivo
della popolazione sarda avvenuta intorno agli anni ’50 è riuscita a rispondere
al dominio incontrastato del vino. Questo incontro-scontro tra civiltà
millenarie ha prodotto un formaggio unico che coniuga le antiche tecniche
pastorizie sarde con quei profumi tipici della terra di Siena come l’assenzio,
la serpentina, l'avena selvatica ed il ginepro.
Ancor prima della degustazione si
percepisce una diversa e più forte intensità olfattiva rispetto a quello giovane.
In bocca all’iniziale gusto di latte pecorino si fa presto largo l’aroma di timo
e finocchiella. Con questi profumi marcati, consiglio un rosso più evoluto ma
non invasivo per permettere di mantenere il giusto equilibrio in bocca. Proporrei
una Schiava dell’Alto Adige con la sua lieve acidità per lo semistagionato
mentre un Lagrein dal colore rosso rubino e dal carattere aspro e fruttato per
lo stagionato.
“La bòca l’è minga stràca se la sa nò da vàca”.
Alla prossima volta topini.
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