venerdì 18 dicembre 2015

Robiola di Roccaverano


Robiola di Roccaverano
 

“Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via
(Cesare Pavese, la Luna è i Falò)

 
Come per la scheda sul Pecorino Toscano anche oggi scomodiamo un altro scrittore della nostra tradizione letteraria: Cesare Pavese. Siamo nel luogo recentemente entrato nell’elenco dei cinquanta paesaggi da salvaguardare secondo l’Unesco: le Langhe. Questa lingua di terra, formata da colline verdi dalle forme più variegate a causa del lavoro d’erosione del Tanaro e del Bormida, si dimostra una ricca miniera di bontà enogastronomiche. Nello specifico ci troviamo a Roccaverano nella provincia astigiana per ammirare l’unica DOP caprina riconosciuta: la Robiola di Roccaverano.

 
Ottenuta con latte crudo di capra a coagulazione acida si presenta in forme da 300 grammi ed è reperibile solo tra marzo e natale in rispetto dei cicli astrali degli animali. Esiste anche una versione con l’aggiunta dell’origano selvatico.
 
Una piacevole acidità tipica del latte caprino dovuta anche alla breve maturazione (60 giorni) emerge al taglio.
 
La robiola si presenta morbida, quasi friabile e di un colore bianco candido. Una volta tagliata oltre all’acidità, affiora il profumo dell’erba di campo brucata dalla capra.

Per accompagnare questa robiola consiglio un bianco fresco e giovane come un Incrocio Manzoni che con le sue note zuccherine di pesca ed albicocca contrasta l’acidità del latte di capra.
 
 
Cari amici topini anche oggi vi siete leccati i baffi con un’altra leccornia casearia del nostro Bel Paese. Chissà la prossima volta dove il mio naso mi spingerà? Ai roditori l’ardua sentenza.
 
 
Alla prossima dal vostro Gulliver.



 
 

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