lunedì 28 dicembre 2015

Erbaluce di Caluso


Erbaluce di Caluso “Azienda Agricola Cieck” – Annata 2013






Quando si parla di vini piemontesi ci viene automatico pensare ai grandi rossi provenienti dalle Langhe, ma questa volta il vostro Gulliver ha deciso di stupirvi con l’Erbaluce di Caluso.
 
 Ci troviamo nella zona del Canavese a nord di Torino, ai confini con la Valle d’Aosta, dove una piccola azienda agricola nata nel 1985 coltiva questo vitigno a bacca bianca sconosciuto a molti, piemontesi compresi.
 
 
L'Erbaluce si presenta con un colore giallo paglierino tendente al verde a causa del colore quasi verdognolo della buccia.
 
La lieve acidità che emerge durante il primo assaggio con il passare del tempo diminuisce d’intensità; facendo così emergere in maniera preponderante alcune note d'erba appena tagliata.
 
Va notato che pur trattandosi di un vino fermo vi è la presenza di una leggerissima effervescenza tipica di questo vitigno.
 
 

 
Le bollicine solleticano il palato. Vino con una buona intensità olfattiva che pulisce la bocca.
 
 
Cari lettori chi l’avrebbe mai detto che il Piemonte non è solo terra di rossi? Quindi se volete sorprendere i vostri amici con una proposta originale perché non provare l’Erbaluce?


Alla prossima dal vostro Gulliver.



 


 
 

Caciocavallo Ragusano


Caciocavallo Ragusano


"Furmaggiu, pira e pani, non è cibu di viddani"

Benvenuti al Sud. Siamo nella calda Trinacria per parlarvi di uno dei prodotti caseari più rappresentativi dell’intera isola: il Caciocavallo Ragusano o Cosacavaddu per i locali. Ci troviamo di fronte ad un formaggio frutto di un’attenta e scientifica lavorazione sotto l’attenta supervisione della CoRFILac che ne controlla la produzione all'interno della provincia ragusana.
Il Caciocavallo Ragusano che rientra nella grande famiglia delle paste filate si presenta con una forma a parallelepipedo di circa 15 chili. Viene utilizzato per la sua lavorazione solo latte proveniente da mucche di razza Modicana che pascolano alla pendici dei monti Iblei.

 

Il Caciocavallo che ho assaggiato è di circa 8 mesi. Al tocco la pasta risulta molle e dal colore giallo paglierino. Si tratta di un formaggio evoluto dove le tipiche filature della pasta filata emergono in tutta la loro pienezza.


Essendo un formaggio a salagione controllata, al gusto risulta lievemente sapido. Può essere utilizzato come formaggio da tavola o come contorno a piatti già completi.




Consiglierei d'accompagnare questo Caciocavallo con un vino di corpo ma secco come un Perricone, antico vitigno autoctono siculo, prodotto in terra agrigentina.


Cari Topini, spero che il vostro Gulliver vi abbia stupito con questa meraviglia proveniente dalla perla del Mediterraneo. Chissà dove punteremo il nostro naso la prossima volta? Si rimarrà in zona o c'è ne ritorneremo al Nord? Lo scopriremo solo .......


Alla prossima dal vostro Gulliver


mercoledì 23 dicembre 2015

Antica Confetteria Orsini



Antica Confetteria Orsini
Confetti dal 1876
 



Il primo post dedicato alla sezione dei "Maestri del Gusto" riguarda la storia di una antica confetteria pugliese che ha partecipato alla quinta edizione di CioccolaTò tenutasi tra il 20 ed il 29 novembre 2015 a Torino.

Per parlarvi di quest’azienda mi sono avvalso dell’aiuto di Signorina Annalisa Piccolo figlia dei titolari dell'azienda nonché rappresentante a Torino dell'azienda. Fondata a Barletta più di un secolo fa ha mosso i primi passi nel mercato nazionale dei dolciumi a partire dagli anni settanta. Solo recentemente a causa della crisi ha convertito la sua produzione alla cioccolata. Questo cambiamento è stato frutto della decisione del Signor Orsini e moglie di partecipare ad un corso di cioccolateria presso la scuola ICAM, tenuto dal maestro Magni.
 
 
Il prodotto di punta dell'azienda sono i Dragée al cioccolato con ripieno al liquore. Si utilizzano i liquori più conosciuti come il Bayliss od il Cointreau attraverso un procedimento a riempire.
 
In questo caso, diversamente dai classici Dragée prodotti dalle grandi aziende, si crea un'anima cristallizzata particolarmente delicata che dopo una prima lavorazione a mano subisce un trattamento con macchine specifiche per la confetteria.
 

 
Questo tipo particolare di prodotto ha trovato una sua dimensione soprattutto all'estero. Paesi come Belgio, Olanda e Germania né ordinano in grandi quantità.

 Consiglio particolarmente i Dragée con ripieno al limoncello.
 
Altre goloserie sono i tartufi ed i cremini, anch'essi rigorosamente prodotti a mano così come le tavolette al cioccolato fondente  aromatizzate al basilico od alla violetta.
 


 
La confetteria Orsini oltre a partecipare alle maggiori manifestazione italiane sul cioccolato per promuovere la sua arte, era presente ad EXPO 2015 all'interno del Cluster Cacao.


L'azienda per venir incontro alla esigenze di un mercato sempre più in movimento ha deciso di avvalersi dell 'e-commerce per ampliare il suo raggio d'azione.











 
 
 
 
 
 
 
Con questa prima presentazione spero di aver svegliato la vostra fame cioccolatosa, d'altronde a chi non piace la cioccolata specialmente in questi mesi freddi?
 
Alla prossima dal vostro Gulliver.
 
 

CioccolaTò


CioccolaTO' 2015

 
“I dolci non devono avere un senso, per questo sono dolci”
(La Fabbrica di Cioccolato)
 
 
 
Cari lettori, non ci troviamo nel mitico e goloso castello di Willy Wonka ma nella più terrena e freddolosa Torino per raccontarvi della dodicesima edizione di CioccolaTò. In questa manifestazione, dove la cioccolata regna sovrana in tutte le sue forme e dimensioni, ho potuto ammirare ed assaggiare diverse produzioni dolciarie a partire dal Gianduiotto fino alle tavolette di cioccolato aromatizzate allo zenzero provenienti da Modica.
 
 Oltre 40 imprese hanno invaso Piazza San Carlo portando con sé non solo il profumo del burro di cacao ma anche dell'inconfondibile “snap” di quando si rompe una tavoletta.
 
In questa grande vetrina non solo erano presenti i grandi marchi italiani come Caffarel o Pernigotti ma anche piccole e medie realtà (vedi scheda Antica Confetteria Orsini) che attraverso questo evento possono presentarsi al grande pubblico presentando le loro leccornie.


 
 
Tra una fetta di Sacher affogata nella cioccolata calda e gianduiotti offerti come se non ci fosse un domani; ho avuto la possibilità di partecipare ad una serie di degustazioni guidate presso il padiglione Sud della manifestazione.


 
 
 
 
  

 
Tra di esse, quella dell'azienda piemontese Domori ha suscitato in me il maggior interesse.

L'azienda nata dalla volontà di Gianluca Franzone, giovane imprenditore torinese, produce una serie di cioccolatini con fave di cacao sudamericane a noi sconosciute.
 
 La punta di diamante della loro produzione è rappresentata da un cioccolatino 100% fondente, frutto della lavorazione della fava Criollo.
 
 
 
All'assaggio emerge immediatamente il gusto amaro di questa fava che viene mitigato dalla presenza di note erbacee e di frutta secca.
 
Consiglio d'accompagnare tale prelibatezza con un buon bicchiere di Barolo chinato.
 
 
Ottima è stata la partecipazione del pubblico alla kermesse piemontese soprattutto nei due week end dove secondo gli organizzatori sono state toccate le 340.000 presenze.
 
 
 
 
Cari amici lettori dopo questa scorpacciata di cioccolata non oso immaginare il valore dei miei trigliceridi ma sapete che vi dico? Viva la cioccolata.
 
Alla prossima dal vostro Gulliver.
 
 
 
 
 
 
 
 


 
 


venerdì 18 dicembre 2015

Aglianico


Rubrato Aglianico “Feudi San Gregorio” – Annata 2013
 
 
 
 
Girovagando per gli scaffali di un ipermercato mi sono imbattuto in questo vino che mi fù consigliato da un mio vicino di casa. Il Rubrato è una versione colta in gioventù del più conosciuto Aglianico, tipico vitigno del Centro/Sud Italia.
 
 In questo caso la proposta vinicola proviene da un’azienda sita in provincia di Avellino con possedimenti sulle colline dell’Irpinia.
 
  Il colore rosso rubino intenso tendente al granato ci fa capire che ci troviamo di fronte ad un vino robusto.
 
Già dal primo assaggio la sua carica alcolica colpisce il nostro palato con decisione. Si dimostra secco e tannico.
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Solo dopo qualche minuto d’evaporazione s’inizia a percepire qualche nota aromatica di caramello.

Diversamente da ciò che viene segnalato dai produttori, io vi consiglio d'accompagnare al Rubrato delle carni bianche rosolate in pentola.
 
Un’ultima nota di colore legata a questo vino. A causa dell’intesa carica tannica lascia un alone rosso sul bicchiere anche dopo un breve risciacquo.
 
 
 
 
 
 
 
Alla prossima volta dal vostro Gulliver.















Robiola di Roccaverano


Robiola di Roccaverano
 

“Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via
(Cesare Pavese, la Luna è i Falò)

 
Come per la scheda sul Pecorino Toscano anche oggi scomodiamo un altro scrittore della nostra tradizione letteraria: Cesare Pavese. Siamo nel luogo recentemente entrato nell’elenco dei cinquanta paesaggi da salvaguardare secondo l’Unesco: le Langhe. Questa lingua di terra, formata da colline verdi dalle forme più variegate a causa del lavoro d’erosione del Tanaro e del Bormida, si dimostra una ricca miniera di bontà enogastronomiche. Nello specifico ci troviamo a Roccaverano nella provincia astigiana per ammirare l’unica DOP caprina riconosciuta: la Robiola di Roccaverano.

 
Ottenuta con latte crudo di capra a coagulazione acida si presenta in forme da 300 grammi ed è reperibile solo tra marzo e natale in rispetto dei cicli astrali degli animali. Esiste anche una versione con l’aggiunta dell’origano selvatico.
 
Una piacevole acidità tipica del latte caprino dovuta anche alla breve maturazione (60 giorni) emerge al taglio.
 
La robiola si presenta morbida, quasi friabile e di un colore bianco candido. Una volta tagliata oltre all’acidità, affiora il profumo dell’erba di campo brucata dalla capra.

Per accompagnare questa robiola consiglio un bianco fresco e giovane come un Incrocio Manzoni che con le sue note zuccherine di pesca ed albicocca contrasta l’acidità del latte di capra.
 
 
Cari amici topini anche oggi vi siete leccati i baffi con un’altra leccornia casearia del nostro Bel Paese. Chissà la prossima volta dove il mio naso mi spingerà? Ai roditori l’ardua sentenza.
 
 
Alla prossima dal vostro Gulliver.



 
 

sabato 12 dicembre 2015

Nuove frontiere del vino



Storie di vino: Al dì là delle Alpi.

Non vi preoccupate cari lettori non stiamo parlando dei nostri cugini galletti, ma di due realtà europee che ho conosciuto tra i padiglioni della quinta edizione di Good tenutasi ad Udine lo scorso novembre. Parliamo della Romania e Moravia del Sud.

Siamo di fronte a due nuove realtà enologiche che si stanno imponendo velocemente all’interno del mercato internazionale con una serie di proposte che non hanno nulla da invidiare alle potenze vinicole come Italia, Spagna e Francia.  

 Entrambe le zone enologiche si contraddistinguono non solo per la produzione dei maggiori vitigni internazionali come il Merlot od il Sauvignon ma anche per alcune varietà autoctone interessanti sotto il punto di vista aromatico. 
 
 
Grazie alle informazioni fornite dall’enologo Justin Urucu presente all’interno dello stand rumeno sono venuto a scoprire che la Romania grazie ai suoi 200.000 mila ettari coltivati è riuscita nell’ultimo anno a produrre 6 milioni d’ettolitri di vino/mosto. 
   
In Italia sempre più ristoranti ed enoteche stanno includendo nella loro carta dei vini i prodotti rumeni.




Tralasciando le produzioni internazionali più conosciute mi sono concentrato sulla degustazione di due produzioni autoctone: la Nedeea e la Tămàiosă Romàmescă.


  Nedeea in rumeno significa “festa popolare” ed è il frutto dell’assemblaggio di tre vitigni autoctoni. Il primo denominato Fetească Neagră ha subito un processo d’invecchiamento di 6 mesi in barriques di seconda generazione.

Corposo e dal colore rosso rubino emergono quasi immediatamente  gli aromi di miritilli e lamponi.  



La Tămàiosă invece è un vitigno a bacca bianca con basso residuo zuccherino che si potrebbe paragone al nostro Moscato.

Dal colore giallo paglierino e lievemente fruttato risulta ideale per dessert leggeri ed antipasti. 






Nel secondo stand gestito dall’autorità del turismo della Moravia del Sud sono riuscito tramite l’ausilio di una traduttrice ad intervistare l’ingegnere Monika Perd’ochovà investita del ruolo di capo delegazione alla fiera di Udine.
 
 Scordato l’antico passato vinicolo sotto l’egida dell’impero romano ho saputo che solo negli ultimi 15 anni la Moravia ha deciso d’investire sulla produzione enologica. 



In questo momento la Moravia provvede quasi completamente a coprire il consumo interno ceco e solo pochi produttori riescono ad esportare a causa di severe imposizioni legislative che impediscono l’allargamento degli impianti. 

 Ad oggi, oltre ai maggiori vitigni internazionali come il Reaslig od il Müller Thurgau sono coltivate varietà autoctone come la Palava, la Frankovka ed il Moscato di Moravia.





La Frankovka è un vitigno a bacca rossa a tarda maturazione che cresce in terreni ghiaiosi. Dal colore rosso rubino scuro, risulta secco e poco corposo con una nota acidula che scompare durante l'invecchiamento. Nel complesso si dimostra amabile ed ideale per formaggi cremosi.


Su questi due nuovi mondi ci sarebbe ancora tanto da dire ma non vorrei tediarvi troppo. Citando una massima rumena che dice “Se hai il bicchiere vuoto colmalo, se è colmo svuotalo" vi saluto.









Alla prossima dal vostro Gulliver.

mercoledì 9 dicembre 2015

San Berlero




San Berlero “Manbrini Viticoltori” – Annata 2011


 




















 

Questa proposta vinicola proviene da una piccola realtà situata nell’entroterra della maremma toscana sopra le Terme di Saturnia. Il San Berlero è frutto dell’assemblaggio dei tre maggiori vitigni toscani presenti in quella zona: Sangiovese, Ciliegiolo ed Aleatico. Giovane e poco tannico presenta una nota acidula persistente tipica di questi vitigni. 



Il colore rosso rubino tenue tendente all’opaco conferma la freschezza del vino che inizia a sprigionare i tipici profumi di sottobosco come il ribes ed il mirtillo solo dopo qualche minuto.

Possiamo definirlo un vino d’accompagnamento a carni bianche se non addirittura a zuppe di pesce grazie alla bassa carica tannica (12.5 %) che non
copre i sapori di queste pietanze poco impegnative. 

Sconsigliato per pietanze più complesse. 



In conclusione questo rosso toscano si dimostra poco intenso e persistente in bocca, mostrando le sue qualità organolettiche alla distanza.

Cari amici lettori se siete amanti dei vini rossi leggeri, il San Berlero fa al caso vostro.

Alla prossima dal vostro Gulliver.

Mortadella Bò



Mortadella Bò

"Viva il maiale e muore nella sporcizia, ma sulle tavole nostre è gran delizia"

All’urlo di “Viva la Mortazza” è terminata sotto una pioggia londinese la tre giorni d’incontri e d’assaggi che ha visto la Dotta tingersi di rosa per festeggiare una delle sue colonne portanti: la Mortadella. Migliaia di bolognesi e non solo (gli organizzatori stimano circa 130.000 presenze totali) hanno affollato le vie del centro per scoprire e riscoprire questo prodotto che per secoli fù considerato di scarto ma che oggi rappresenta uno degli insaccati più esportati al mondo.



Come il pistacchio sta al centro della mortadella, il cuore della manifestazione si è svolto presso Palazzo Re Enzo davanti alla statua del Nettuno. All’interno di questo palazzo storico adibito per l’occasione a museo della mortazza si potevano vivere diverse esperienze enogastronomiche, dall’osservare l’antica arte del salumiere fino alla possibilità di partecipare a degustazioni a tema dove la mortadella era accompagnata da altre eccellenze enogastronomiche locali.


Un buon esploratore come sapete deve essere anche fortunato ed, infatti, sono riuscito a partecipare a due di queste degustazioni dove la mortadella fù accompagnata prima dal Parmigiano Reggiano e poi da due birre prodotte dal birrificio Amarcord di Rimini.

Tra le due degustazioni quella con la birra rossa doppia malto chiamata Volpina ha suscitato in me il maggior interesse. Il suo retrogusto amarognolo ed un po’ impegnativo s’amalgama bene con il lieve aroma di spezie tipico della mortadella appena tagliata



All’esterno del Palazzo, sparsi lungo via Rizzoli, erano presenti decina di Food Track dove oltre ad  acquistare il tuo bel pezzo di mortazza potevi mangiare una buona piadina calda fatta sul momento.

 Ovviamente davanti ad una buona piada fumante non potevo far altro che approfittarne.





A pochi giorni dalla conclusione della manifestazione i numeri presentati dal Consorzio sono importanti: oltre 8.000 panini venduti ed oltre 800 persone che hanno partecipato agli eventi enogastronomici.

Gli stessi organizzatori non vedono l’ora di replicare per il quarto anno questa manifestazione con l’obbiettivo non solo di aumentare i visitatori ma anche di moltiplicare la scelta degli eventi.




Che dite amici? Ci troviamo a Bologna il prossimo anno per mangiare una buona piada con la mortazza? Io ci sarò.

Alla prossima dal vostro Gulliver.



martedì 8 dicembre 2015

Pecorino Toscano



Pecorino Toscano


Lo strazio e 'l grande scempio che fece l'Arbia colorata in rosso,tal orazion fa far nel nostro tempio” (inferno XI, 85)


Ora vi domanderete: Dante ed il pecorino? Cosa centra il sommo poeta con un formaggio? Non vi preoccupate cari amici, non dovete rispolverare i vostri vecchi libri sulla divina commedia alla ricerca di qualche traccia su un'eventuale doppia vita agricola di Dante. In realtà tali versi descrivono la famosa battaglia di Montaperti (1260) svoltasi nel cuore delle Creti Senesi, ed è proprio in questa terra ricca di storia e sangue, che inizia il percorso alla scoperta di una delle eccellenze dell'enogastronomia Toscana: il pecorino. 


In queste terre collinari erose dal tempo l’attività pastorizia è sempre stata presente; ma solo dopo l’arrivo della popolazione sarda avvenuta intorno agli anni ’50 è riuscita a rispondere al dominio incontrastato del vino. Questo incontro-scontro tra civiltà millenarie ha prodotto un formaggio unico che coniuga le antiche tecniche pastorizie sarde con quei profumi tipici della terra di Siena come l’assenzio, la serpentina, l'avena selvatica ed il ginepro.


Questa trilogia di pecorini, dal più giovane fino allo stagionato si contraddistingue per la loro finezza e delicatezza. Diversamente dalla ricetta tradizionale che prevede l’utilizzo del latte a crudo, in questi il vi è stata la pastorizzazione.

 Il primo pecorino si presenta con una pasta morbida e fine di color bianco panna a causa di una breve stagionatura (70/80 giorni).
 
 All’assaggio i profumi di ginepro e sambuco appena accennati. Consiglio d’accompagnarlo con un vino secco ma non troppo intenso come un Dolcetto di Dogliani.




Il secondo ed il terzo pecorino si presentano con una struttura friabile che va dal sodo (semistagionato  120 giorni a sinistra ) al roccioso (stagionato 6 mesi a destra). 


   
 La colorazione passa da un giallo paglierino per il più giovane ad un giallo intenso per il secondo





  Ancor prima della degustazione si percepisce una diversa e più forte intensità olfattiva rispetto a quello giovane. In bocca all’iniziale gusto di latte pecorino si fa presto largo l’aroma di timo e finocchiella. Con questi profumi marcati, consiglio un rosso più evoluto ma non invasivo per permettere di mantenere il giusto equilibrio in bocca. Proporrei una Schiava dell’Alto Adige con la sua lieve acidità per lo semistagionato mentre un Lagrein dal colore rosso rubino e dal carattere aspro e fruttato per lo stagionato. 


“La bòca l’è minga stràca se la sa nò da vàca”.

Alla prossima volta topini.



Presentazione



Ciao a Tutti,

Mi chiamo Luca Marchisano ed ho deciso di aprire questo blog non solo per condividere con voi la mia passione per il cibo ed il vino di qualità ma anche per tenervi informati sugli eventi enogastronomici presenti in Italia.

Ho iniziato a crearmi delle conoscenze su questo mondo molto tempo fa partecipando come semplice aiutante all'interno di un'associazione enogastromica locale e già in quei tempi ho compreso l'importanza di questo settore, ma la vera e propria svolta risale al marzo 2014 dove decisi di frequentare il Master presso l'Università Cà Foscari di Venezia in “Cultura del Cibo e del Vino per la valorizzazione e la promozione delle risorse enogastronomiche”.

Con il passare del tempo e grazie a nuove esperienze acquisite sul campo mi sono reso conto della complessità di questo mondo che comprende sia le grandi multinazionali sia le piccole imprese agricole locali che vivono del proprio lavoro quotidiano.

Perchè scegliere la figura di Gulliver? Forse sarà per la stazza imponente come la mia, forse perché si tratta di un viaggiatore come me o per il semplice fatto che mi venne in mente in una giornata d’Ottobre, mentre ne stavo parlando con una persona.

Facendo mia la famosa frase di Samuel Johnson “Colui che non si preoccupa di quello che mangia non saprà preoccuparsi di nient'altro” cercherò di portarvi nei posti dove c’è del buon vino e non solo.

A Presto dal vostro Gulliver