domenica 24 luglio 2016

Avviso ai naviganti........


Avviso ai Naviganti


Cari lettori che con passione e dedizione leggete avidamente il mio blog devo comunicarvi con mia grande gioia che si trasloca. Ebbene si; il vostro Gulliver apre un sito tutto suo dove oltre a ritrovare gli articoli più belli ed interessanti contenuti in questo Blog né troverete di nuovi. 



Nuova veste grafica con un vero e proprio elenco aggiornato dei miei articoli e tante tante novità.
Son sempre io; il Vostro Gulliver Goloso ma vestito meglio!!!  

Ora siamo anche su Facebook.....cercate Il Gulliver Goloso è mettera il like alla pagina dedicata.....
 

domenica 3 luglio 2016

Moscato d'Asti


Moscato d’Asti “Cà du Sindic” – Anno 2015

 
La cantina personale del vostro Gulliver questa volta vi presenta un Moscato d’Asti proveniente dalle dolci colline di San Stefano in Belbo.

In questa terra di confine tra le Langhe e l’Astigiano, viene coltivato da una piccola azienda agricola l’antico vitigno del Moscato Bianco.

La coltivazione in terra piemontese di questo vitigno risale all’anno 1300; quindi possiamo considerare il Moscato il primo vino prodotto nella terra dei Savoia.

 





Ai nostri occhi questo Moscato si tinge di un colore giallo paglierino non troppo carico, ma con un  lieve effervescenza che emerge ai lati del bicchiere.

Al primo assaggio ci sembra d'assaggiare uno di quei datteri secchi che usiamo per pulirci la bocca alla fine dei pranzi natalizi.
 

 I profumi forti di pesca ed albicocca matura rimangono costanti durante tutta la degustazione. 
  
L’effervescenza frutto di un parziale procedimento di spumantizzazione non incide sulla dolcezza finale del vino. 

Le bollicine di caratura fine nel corso dell’evaporazione non solleticano il palato.
 
Delicato; dolce e fresco. Un classico vino aromatico che si può accompagnare a dolci secchi od alla tipica pasticceria piemontese.
 
Nel complesso lo trovo un vino cosi piacevole che non ci s'accorge nemmeno che la bottiglia stia finendo.




Alla prossima dal vostro Gulliver

sabato 2 luglio 2016

Fiore Sardo


Fiore Sardo

Melchiorre Carta saliva la montagna, ritornando al suo ovile.
Era un giovane pastore biondastro.....”
(Grazia Deledda - Il vecchio della montagna)


Cari topini, dopo un po' di tempo siamo ritornati ad incrociare il mondo letterario con quello enogastronomico prendendo in prestito i versi dalla poetessa Sarda, nonchè premio Nobel per la letteratura nel 1926, Grazia Deledda. Il racconto che descrive la vita di un pastore della Barbagia; cade a fagiolo per introdurre questo particolare Pecorino che proveniene proprio da questa zona impervia della Sardegna. Il Fiore Sardo preso in considerazione ha circa cinque mesi di maturazione; ma nonostante sia necessario ancora qualche mese d'invecchiamento già ora si mostra strutturato sia nella forma sia nei profumi. Esso rientra nella categoria delle Dop.

 
Prodotto in loco con latte di pecora esclusivamente di razza Sarda ha subito un lievissimo processo d'affumicatura che lo contraddistingue rispetto ad altre produzioni locali. La superficie esterna è stata trattata con la morchiatura del frantoio allo scopo di proteggerlo dalla formazione di muffe ed acari; infatti come possiamo osservare la struttura del Fiore è perfetta. 

 
All'olfatto emerge in maniera preponderante la nota dell'animale. Si presenta friabile a causa della giovane maturazione. 

Osservandolo bene constatiamo una leggerissima occhiatura a capocchia di spillo tipico di questo formaggio.

Il colore bianco porcellana è dato dalla giovinezza del formaggio; in forme più mature emerge invece il color giallo paglierino.

 Un Fiore Sardo con più di otto mesi di maturazione risulta molto più granitico e meno morbido di quello nella foto; quindi cari topini quando lo proverete fate attenzione al grado di maturazione perchè è un formaggio che si evolve e cambia con il tempo. 



Un formaggio del genere non può che trovare la morte sua in uno splendido piatto di trofie al pesto o può essere semplicemente degustato alla fine di un pasto estivo. 

In generale, consiglio d'accompagnare questo Fiore Sardo con un vino rosso corposo, secco ed armonico come un Cirò di Calabria od un Primitivo di Manduria. 

Con questo tipo di formaggio è necessario un vino non eccessivamente tannico ma con una sua struttura ben definita. 

 
Cari topini; spero che questa incursione nella perla del Mediterraneo abbia svegliato in voi la voglia di conoscere meglio questa terra antica e non ancora completamente scoperta. 
 
Alla prossima dal vostro Gulliver.

domenica 26 giugno 2016

Pecorino Picciò


Pecorino Picciò

"E’ tutto collegato. Quello che accade ora agli animali, succederà in seguito all’uomo"
(Indira Gandhi) 

 
Cari topini; questa volta il vostro Gulliver vi stupisce portandovi alla luce un pecorino paritcolare perchè prodotto con caglio di origine vegetale. 

Gli antichi greci lavorando il latte di pecora si erano accorti del potere presomico ed aggregante di alcuni vegetali come il carciofo od il cardo selvatico ed il molti casi venivano usati come sostituti al caglio animale. Il Caseificio Corzano e Paternò immerso nelle colline della Val d'Ersa a pochi passi da Firenze ha ripreso in mano questo antico modo di fare il Pecorino.


Si tratta di un pecorino relativamente giovane avendo solo trenta giorni di maturazione alle spalle ed è fatto utilizzando i semi di cardo selvatico che danno quella nota di vegetale che si sente già al primo morso. Il caglio vegetale può essere utilizzato solo per produrre pecorini giovani; non è assolutamente adatto per l'invecchiamento.

La pasta di un color bianco porcellana diversamente da altri pecorini giovani si dimostra più asciutta e compatta a causa proprio del caglio vegetale. 

Leggermente friabile. Sentori vegetali così forti da sovrastare le note fini d'animale che passano in secondo piano. Classico pecorino che si può abbinare con fave tostate o salumi stagionati tipici della zona del Chianti. 


Come abbinamento consiglio un vino bianco frizzante ma decisamente elegante nei modi e nei fini come un buon Franciacorta del basso bresciano.Un vino fine; gentile ma nello stesso tempo ampio che con la sua sapidità pulisce la bocca dai sentori vetegali del pecorino toscano.



Mi scuso con i miei affabili seguaci per aver aggiornato il mio piccolo blog non con la mia solitia frequenza; ma a breve ci saranno novità importanti che riguraderanno il Gulliver.

Alla prossima dal vostro Gulliver Goloso.  

domenica 5 giugno 2016

Gourmandia - Seconda parte


Gourmandia - Le terre golose del gastronauta 
Seconda Parte 


Cari lettori, ecco a voi la seconda parte. Eravamo rimasti al “break” con la bombetta pugliese che mi aveva lasciato soddisfatto. Una volta rientrato tra i vari stand della manifestazione la mia attenzione si è spostata sull'azienda di conserve “Che Sud” di Santa Maria del Cedro (Cosenza) che esponeva sul banco una bella 'Nduja che i vari visitatori degustavano con attenzione. A questo punto era d'obbligo fare quattro chiacchiere con il proprietario Pietro Granito. 

L'azienda conserviera nata circa vent'anni fa come evoluzione della precedente azienda agricola vuole promuovere la tradizione calabra trasmettendo i vecchi valori in una forma nuova ed accattivante (molto carino il packging bianco). 

Le materie prime rigorosamente calabre provengono per una buona parte dalla stessa azienda del Signor Granito e questo si sente soprattutto dei prodotti sott'olio.

 Come ogni azienda conserviera calabrese che si rispetti l'offerta gira intorno agli ortaggi della zona, tra peperoncini interi sott'olio e melanzane ai ferri.

 






 Ho provato ed acquistato la crema al peperoncino che si è rivelata un giusto mix tra la delicatezza di una tipica crema alle verdure e la spigolosità del peperoncino calabro (per chi non vuole provare l'nduja la trovo una giusta via di mezzo)



 Dentro questi prodotti si sente il contrasto fra la brezza di mare e l'aria di montagna che sferza la Calabria del nord dando cosi ai prodotti una loro unicità gustativa. Per fortuna questi prodotti potete trovarli in molte enogastronomie e macellerie del Nord Italia; se li trovate provateli. 
  

Stand enogastronomici, Street-Food, secondo voi manca in questa manifestazione manca qualcosa? Si, il reparto cucina!! Questo “reparto” se cosi possiamo chiamarlo era presente nella sala Levante dove vari chef si sono alternati nel presentare i loro cavalli di battaglia. 

Ovviamente sapete già che il vostro Gulliver è arrivato anche là ed infatti son riuscito ad assistere allo Show-Cooking del Maestro Stellato Alessandro Breda. 

 

 





Lo chef di Oderzo ha presentato un piatto dove il contrasto tra il baccalà crudo e quello cotto con una lieve doratura data da una breve frittura con olio di vinaccioli si sposava bene con una crema di patate molto liquida.

Dopo questo piatto era d'obbligo un buon bicchiere di vino che ho trovato degustando uno spumante Extra Dry denominato “Prime Bollicine” prodotto dalle “Vigne di Roberto” un piccolo produttore di Breganze (Vicenza). 


 Si tratta di un blend composto da Chardonnay, Pinot Nero e Vespaiola con un bel perlage non troppo invadente che ha solleticato il palato. Fresco,bevibile; una bella sorpresa.

Un'ultima nota la voglio dedicare ad uno dei pochi birrifici presenti alla manifestazione. 

La “Birra di Naon” è una piccola realtà di Pordenone che ha iniziato a promuovere solo due anni fa tre birre che risultano molto bevibili; non sono birre da meditazione anche se ti lasciano con un finale molto pulito. 
 
Si tratta di una piccola realtà che produce non più di 7.000 bottiglie l'anno anche a causa della materia prima che proviene esclusivamente da campi d'orzo in provincia di Udine. 

Siamo di fronte alla classica birra a KM 0 ed infatti per il momento potete trovarle in enoteche ed enogastronomie nel pordenonense e nel Friuliano ma se volete potete acquistarle via internet grazie alla sezione e-commerce presente nel loro sito ufficiale.


 

Tra le tre, quella che ho trovato pronta è sicuramente l'ambrata che sembra abbia raggiunto una sua perfezione gustativa con una schiuma non invadente che si dissolve nel bicchiere con i tempi giusti. 

Le altre due per stessa ammissione di uno dei fondatori Paolo Costalongo sono in via di definizione ma risultano comunque gradevoli.




Cari lettori; spero di essere stato esaustivo nel parlarvi di questa manifestazione che trattandosi solo alla prima edizione ha già attirato su di sé molta attenzione e visitatori. Chissà come sarà quella dell'anno prossimo? Lo scopriremo solo golosando......

Alla prossima dal vostro Gulliver.

domenica 29 maggio 2016

Gourmandia - Prima Parte


Gourmandia - Le terre golose del gastronauta
Prima Parte

Cari lettori scusate per la lunga attesa, ma il materiale da sbobbinare e catalogare riguardante questa meravigliosa manifestazione era abbondante, ma partiamo dall'inizio. Diversamente da altre manifestazioni spalmate in più giornate ho deciso di fare un salto nel giorno normalmente più caotico: la Domenica.

 In cuor mio ero già pronto alla confusione più totale visto anche il tempo ballerino che poteva spingere molte persone a fare un salto alla Fiera di Santa Lucia di Piave; ma con mia grande soddisfazione devo ammettere che nonostante un buon numero di presenze si poteva scorrere tra i banchi senza problemi permettendomi così d'intervistare con calma i vari espositori. Il mio primo plauso va quindi agli organizzatori della manifestazione per aver gestito bene il problema dei visitatori.


All'interno delle fiera era presenti quasi tutte le regioni italiane con le loro proposte enogastronomiche.

Tra una fetta di soppressa delicatissima e poco speziata proveniente dal salumificio Lovison di Spilimberto (Udine) e le classiche melanzane essiccate sott'olio prodotte da una società agricola di Ugento (Lecce); la mia attenzione si è soffermata su specifiche aziende che mi hanno particolarmente colpito. 


 



  



La prima menzione va alla Società Agricola Palagetto di San Gimignano (Siena) presente alla manifestazione con il loro direttore commerciale Luca Pattaro.



Quest'azienda oltre a presentare i classici rossi della zona (Rosso di Montalcino, Chianti, Brunello di Montalcino) mi ha colpito per due particolarità : la Vernaccia e l'Uno su Quattro.

La Vernaccia rappresenta in una terra di rossi la cosiddetta mosca bianca (vedi Erbaluce di Caluso). Si tratta di un vitigno autoctono che nasce su un terreno collinare ad alto tasso di mineralità a causa dell'influenza nell'ere geologiche passate del mare che copriva metà dell'odierna Toscana.



Una volta che il mare si è ritirato affiorò questa collinetta sulla quale venne fondata San Gimignano.


Dal colore giallo paglierino intenso, al gusto notiamo immediatamente una certa astringenza e sapidità persistente al palato. Pur trattandosi di uno vino fresco risulta molto aggressivo, per chi non è abituato a bianchi strutturati lo può trovare tosto.

Questa Vernaccia la trovo ottimale con una bella grigliata e come dice Luca “Questo vino piace o non piace

Il secondo vino che mi ha colpito viene chiamato “Uno di Quattro” in poche parole ogni anno da quattro piccoli vigneti dove coltivano Merlot, Syrah, Sangiovese e Cabernet decidono quale di questi imbottigliare e far invecchiare. Alla manifestazione presentavo un Syrah in purezza del 2012 al quale mancava ancora qualche annetto in bottiglia per trovare quella rotondità perfetta.



 Poco più in là, in rappresentanza di una delle regione più enogastronomicamente ricche vi era il Prosciuttificio Piazza di Langhirano che con le sue forme di Prosciutto di Parma stagionato 24 mesi sprigionavano un profumo di dolcezza e spezie uniche al mondo. Mi sentivo quali obbligato ad assaggiare questa opera d'arte soprattutto quando hai nel palato i forti tannini del Syrah precedente.

 
Come ogni manifestazione enogastronomica che si rispetti era presente anche uno spazio dedicato allo Street-Food occupato da sole tre stand (onestamente speravo in una più ampia scelta) ma anche quel poco che c'era ha comunque riempito il buco allo stomaco. 

Sfruttando una pausa meteorologica ho provato una Bombetta Pugliese costituita da una fettona di pane d'Altamura e da mini involtini di vitello con caciocavallo fuso all'interno che erano stati appena sfornati dalla griglia presente nel giardino interno alla fiera.

Tutto questo accompagnato da una birra bionda locale prodotta nella zona della bassa Murgia. 




 
La seconda parte è in via di scritturazione.......



domenica 22 maggio 2016

Stracciatella Pugliese


Stracciatella Pugliese

Quànne vène u chezzàle de fore, dange a manggià ca tanne more"
Quando il contadino torna a casa, dagli da mangiare tanto da farlo scoppiare”

(Proverbio Pugliese)
 
Cari Topini, questa volta dopo tanto girovagare ci troviamo per la prima volta in Puglia ed in particolare nella zona geografica che prende il nome di Murge Pugliesi. Nello specifico ci troviamo ad Andria, a pochi passi da uno dei più importanti lasciti di Federico II a questa splendida terra : Castel del Monte. 

In questo altopiano collinare caraterizzato da paesaggi brulli e secchi che scendono dolcemente fino alla costa nasce questa “variazione” della mozzarella che viene fatta esclusivamente con Fior di Latte vaccino (da non confondere con la Mozzarella che viene fatta solo con latte di Bufala).

La Stracciatella nacque probabilmente negli anni trenta del secolo scorso proprio in questo piccolo borgo e come tante prelibatezze italiane è frutto della tipica cultura contadina dell’epoca, abituata al riutilizzo di ogni avanzo di produzione. 
 
Si tratta della classica lavorazione che contraddistingue tutte le paste filate del Sud Italia solo con un piccola ma determinante variazione; una volta ottenuta la pasta filata dalla lavorazione della massa casearia viene utilizzato uno strumento specifico che sfilaccia la pasta appena tenuta in piccole strisce. 


 



 Queste piccole strisce vengono poste in piccoli contenitori imbevuti di crema di latte (panna).
 
La visione che ci si prospetta davanti a noi sembra celestiale; questa amalgama omogenea di Fior di Latte e Panna assume un colore bianco porcellana e sprigiona sentori di yogurt e burro molto fini ed eleganti. 

 
Si tratta di un formaggio delicato che può avere mille utilizzazzioni: da semplice accompagnamento a tavola fino ad essere utilizzato come ripieno per le classiche verdure pugliesi al forno. 
 
Un formaggio di questa delicatezza ha bisogno di un vino bianco leggero, poco complesso con note floreali presenti ma non troppo forti come un Tocai Friulano od un Grechetto dei Colli del Trasimeno.

Tutto questo viene fatto rigorosamente a mano. 

Cari Topini, spero che con questa meraviglia pugliese abbia svegliato la vostra voglia di "burrosità" che alleggia dentro di noi. 




Alla prossima dal vostro Gulliver. 

 

sabato 14 maggio 2016

Gourmandia - le terre golose del Gastronauta


Gourmandia 


Cari amici lettori; ad un evento del genere il vostro Gulliver Goloso non può mancare. Ci troviamo di fronte ad una manifestazione creata da uno dei primi uomini che è riuscito a rivoluzionare il mestiere del gastronomo investendo anni e tempo, come un vero e proprio Gulliver; alla riscoperta di quel patrimonio enogastromico italiano che sembrava perso nella mente delle nostre nonne.

 Qualsiasi food-blogger odierno deve ringraziare Davide Paolini è il suo "nuovo" modo di raccontare questo meraviglioso mondo. Non vi sto neanche a raccontare il programma nello specifico ma solo i nomi di Iginio Massari o Davide Oldani vi fanno capire la "portata" dell'evento.

 Ci troviamo a Santa Lucia di Piave; che dite? Il vostro "piccolo" food-blogger di fiducia è gia pronto a partire.......

sabato 7 maggio 2016

Vermentino di Sardegna "Aragosta"


Vermentino di Sardegna  “Cantina Santa Maria la Palma” - Annata 2014
  
Cari lettori; questa volta il vostro Gulliver vi propone dalla sua cantina questo Vermentino di Sardegna che conobbi da bambino quando passavo le mie ferie estive in questa meravigliosa terra. Ottenuto solo con uve autoctone sarde si presenta con un color giallo verdolino con riflessi paglierini. 

Appena versato, notiamo una lieve effervescenza tipica di quei vini bianchi giovani a causa della presenza di una piccola quantità d'anidride carbonica formatasi durante la lavorazione che si libera una volta versato nel bicchiere.
 
Limpido e senza impurità; al gusto emerge una lieve sapidità ed acidità che non invade la bocca ma lascia una nota astrigente di sottofondo che lo rende un po' spigoloso.

 








Leggero, poco tannico che non scalda il palato nonostante una discreta gradazione (13%). 




Sono presenti lievi sentori vegetali che con il passare dell'evoprazione rimangono costanti ma non lasciano una traccia olfattiva rilevante; poco persistente sia al gusto sia all'olfatto.
 
Ci troviamo di fronte ad un vino giovane, fresco e dalla facile bevuta che non richiede particolari sforzi gustativi. Nel complesso si dimostra equilibrato e tranquillo.
  
Ho accompagnato questo Vermentino con una fritturina di pesce ed una successiva orata al forno. 

Tra le due combinazioni vino/cibo ho preferito quella con l'orata perchè si sente di più l'azione d'accompagnamento e di pulizia del Vermentino.



Alla prossima dal vostro Gulliver.

domenica 1 maggio 2016

Asiago d'Allevo


Asiago d’Allevo.

"Tristezza e gioia sono emozioni della stessa natura"
(Emilio Lussu - Un'anno sull'altopiano)
 
Cari topini; questa volta per introdurre una nuova meraviglia casearia del nostro bel paese vi riporto le parole di uno dei tanti giovani ragazzi che durante la prima guerra mondiale combatte sull’altopiano d’Asiago.
 In questi luoghi dove tanti italiani persero la vita, nasce un prodotto le qui origini storiche si perdono nella notte dei tempi. 

Nel corso degli anni oltre alla produzione di quello d’Allevo (con una stagionatura minima di sei mesi) s’affiancò quella del cosiddetto “Pressato” che iniziò a fare capolino nei primi anni del secolo scorso.

 La zona di produzione d’entrambi relegata originariamente ai sette comuni dell’altopiano ora, grazie ad una legislazione a maglie larghe, arriva fino ai confini dell’autostrada A27 comprendendo la provincia di Treviso.




Come sapete su questa teoria d’allargare le zone di produzione sono sempre molto scettico perchè se facciamo un confronto tra un Asiago proveniente dalla zona storica ed uno prodotto a fondovalle o da zone di nuova acquisizione ci troviamo di fronte ad una vera e propria fossa della Marianne sotto il profilo gustativo ed olfattivo.
 
Prodotto utilizzando solo la mungitura mattutina; quest’Asiago d’allevo ha circa quattordici mesi di stagionatura e proviene dagli alpeggi vicentini.

Il colore giallo carico non solo rimarca il grado di maturazione del formaggio ma anche il tipo d’alimentazione delle vacche basato sulle erbe di campo.

Al gusto si certifica una nota di piccantezza, frutto dell’età.Granitico e Friabile. Si riscontra una leggera occhiatura.
 
Come vi dicevo in precedenza, sono presenti sul mercato Asiago d’Allevo prodotti a fondovalle che si presentano di un colore giallo chiaro tendente al neutro con poca carica olfattiva.
Informatevi da dove viene l’Asiago che state comprando!!!


Con un formaggio di questa struttura consiglierei un vino rosso non eccessivamente di corpo ma nello stesso tempo con spiccate sensazioni floreali. Ci serve un vino asciutto e moderatamente sapido. 

Per chiudere quel cerchio storico che ho aperto all’inizio proporrei un Monica di Sardegna; vino proveniente da quella terra che diede i natali a molti giovani appartenenti alla Brigata Sassari che morirono sull’Altopiano vicentino durante la Grande guerra.



Cari topini; spero che questo formaggio storico oltre ad aver "acceso" il vostro olfatto abbia risvegliato in Voi il ricordo di un evento che segnò duramente l'Europa per l'intero secolo scorso.

  
Alla prossima dal vostro Gulliver.


Caciocavallo d'Agnone



Caciocavallo d'Agnone 

"Paga ca sci d'Agnone"
(Proverbio Molisano)

Cari topini, questa volta vi porto tra le colline del Nord del Molise è più precisamente ad Agnone. In questa piccola città circondata tra il verde delle montagne dove scorrono piccoli torrenti ed il volo dei falconi reali; nasce uno dei prodotti che caratterizzano il mondo caseario meridionale: il Caciocavallo. 


  Questo particolare Caciocavallo si differenzia dagli altri per le modalità di produzione poichè viene utilizzata la tecnica del “siero innesto”. Questa tecnica si avvicina molto a quella utilizzata per fare la pasta madre nelle pizze. In poche parole; durante la lavorazione con il latte ottenuto il giorno stesso dalle vacche locali viene inserita una “traccia di siero” utilizzata durante la lavorazione del giorno precedente e viceversa. L'obbiettivo finale è quello di far lievitare il latte senza l'aiuto di fermenti chimici. Si tratta di un'antica tecnica che costituisce il vero e proprio valore aggiunto di questo formaggio.
 
Un volta effettuato l'innesto, il latte viene riscaldato fino alla temperatura di 90° al fine di creare una "massa casearia"
che verrà successivamente filata e rifilata a mano come nella lavorazione della mozzarella. 

Per la produzione di questo Caciocavallo viene usato latte rigorosamente prodotto da vacche della zona. 
 
Questa pasta filata ha circa ottanta / novanta giorni di stagionatura e si presenta con un'occhiatura rada e molto fine. Pasta molle. Il colore bianco tendende al giallo chiaro della pasta sottolinea la giovinezza del formaggio.

 I sentori lattici son evidenti e perduranti in bocca; si ha l'impressione d'assaggiare direttamente il latte anziché il formaggio. 

 
Questo caciocavallo ha molteplici utilizzi e può essere usato come sostituto della mozzarella per fare la pizza. Vista la delicatezza del formaggio consiglio d'accompagnarlo con un vino leggero, secco e dal basso grado alcolico. 

Un Pinot Bianco coltivato nel Friuli può essere una buona soluzione; se invece non vogliamo allontanarsi troppo da questa zona un Pecorino delle Terre Tollesi costituisce una buona alternativa.
 
  

Cari topini; spero che questa fugace visita nel nostro Centro Italia abbia soddisfatto le vostre papille degustative; chissà in quale regione il nostro naso farà capolino la possima volta?

Alla prossima dal vostro Gulliver.

sabato 23 aprile 2016

Merlot Romania


Prince Matei "Vinarte" - Annata 2010 

 
Cari amici; vi ricordate il post dedicato alle nuove frontiere del vino? Bene! Oggi il vostro Gulliver vi propone dalla sua cantina questo Merlot rumeno proviente da una zona alle pendici dei Carpazzi a pochi chilometri da Bucarest. In questi terreni argillosi solo a partire dalla caduta del blocco sovietico si è iniziato a produrre vino utilizzando in molti casi tecnici italiani che con il loro bagaglio enologico stanno portando i vini rumeni a buoni livelli.
  
Il colore rosso rubino inteso con riflessi granati frutto di un trattamento d'invecchiamento per dodici mesi in barriques usate, seguito da uno stesso periodo d'affinamento in bottiglia è il primo segnale che attesta una certa maturità di questo vino. 

Senza residui e con un'ottima limpidezza. 

La tannicità (14,5%) del vino già intuita osservandone il colore, viene confermata dalla cosidetta prova degli archetti che si presentano fitti e con una veloce evaporazione.  

 







In linea con l'esame visivo anche l'olfatto conferma la corposità del vino. Le note fruttate di sottobosco si sentono in maniera chiara e forte perdurando nel tempo; solo dopo un paio di minuti si fa largo un vago sentore di spezie derivato dall'invecchiamento in botte. 

Questa nota olfattiva coinvolge l'interno apparato olfattivo dando l'impressione di camminare in un prato dove more, ciliegie e ribes crescono liberamente. Intenso e persistente. 

 
Nel complesso ci troviamo ad un vino lavorato ed arrotondato dove le note erbacee del Merlot non si presentano. Corposo, ma nello stesso tempo mordibo e che non stufa se accompagnato da un buon piatto di carne. 


Vi ricordate la scheda sull'Aglianico? Bene! Anche in questo caso ho notato la presenza di un'alone rosso nel bicchiere dopo un breve risciacquo.



  
Alla prossima del vostro Gulliver.

sabato 16 aprile 2016

Piacentinu Ennese


Piacentinu Ennese


Cari topini dopo qualche mese tra i casari dell’Italia settentrionale si ritorna a Sud, nel profondo Sud; ed in particolare della provincia d’Enna tra le cime brulle dei Monti Erei e la valle del Dittaiono abitata da torrenti stagionali che si alimentano durante le piovose primavere. 

Questo microclima particolare rende la macchia mediterranea presente in zona particolarmente appetibile per quegli ovini dai quali viene prodotto il Piacentinu Ennese. 

 Molte storie girano intorno all’etimologia della parola Piacentinu.


 

 


Alcuni sostengono che sia la traduzione dal siciliano del verbo piangere perché legata al fatto che a maturazione quasi finita compaiono sulla crosta alcune lacrime di grasso da far sembrare che la forma pianga come un uomo.

Altri sostengono invece che sia frutto della traduzione dal verbo piacere perchè legata ad un fatto storico risalente intorno all'anno mille.
  

Il Piacentinu non è da confondersi con il pecorino allo zafferano che viene prodotto nelle stesse zone; si tratta di una produzione parallela a quella della Dop ennese ma dove viene usato anche latte vaccino oltre a quello di pecora.


La forma che stiamo osservando ha circa sei mesi di stagionatura. Lo zafferano viene immesso nella cagliata quasi a fine produzione.

L’aggiunta dello zafferano da quella di dolcezza che si contrappone a quel gusto d’acido dato dal latte di pecora.
 
Dalla pasta compatta e dal colore giallo intenso; in bocca risulta equilibrato.


 
 
Il pepe nero proviene dall’area del Borneo e molti sostengono che la sua aggiunta all’interno del Piacentinu sia frutto di quel retaggio enogastronomico lasciato dagli arabi prima di abbandonare l’isola. 
  
 
In commercio esistono forme più stagionate che arrivano fino a 10 mesi dove emergono note piccanti.


Per un formaggio di questa struttura consiglio un rosso vellutato non eccessivamente lavorato come un Merlot del Piave o della zona del Pordenonense. 

La lieve acidità e leggerezza di un Merlot giovane con le sue note erbacce rimuove la dolcezza in bocca data dallo zafferano.

Cari topini ancora una volta il vostro gulliver ha tentato di stupirvi presentandovi un’altra leccornia casearia italiana proveniente dalla Trinacria. Chissà dove la bussola punterà la prossima volta?



Alla prossima dal vostro Gulliver.

domenica 10 aprile 2016

Baccari


Baccari “Vigne del Colle” - Annata 2014
  
Cari amici, come vi avevo annunciato nell'articolo dedicato alla manifestazione di Stigliano, ho acquistato dall'azienda “Vigna al Colle” presente sui colli Euganei due suoi prodotti per ampliare la mia cantina personale. In particolare ho assaggiato il vino denominato “Baccari”

 Si tratta di un Pinot Bianco in purezza che ha subito un processo d'affinamento in botti d'acciaio per sei mesi. 

Il colore giallo paglierino intenso segnala che vi è stato una parziale attività di macerazione come avviene nei vini rossi. 

Dopo qualche minuto d'evaporazione emergono in maniera decisa ma delicata senza invadere troppo le narici note floreali che richiamano fiori d'arancio appena sbocciati. 

Questa nota olfattiva permane nel tempo perdendo efficacia senza però scomparire, ma facendo spazio a sentori minerali a causa del terreno dov'è stato coltivato.
 
 







Da sottolineare la presenza di un lieve fenomeno d'effervescenza con micro-bollicine che rimangono sulle pareti del bicchiere per scomparire solo dopo qualche minuto.

 


Al gusto una gradevole ma spiccata acidità pervade le papille gustative, questo fenomeno associato ad una buona tannicità (13%) sottolinea che ci troviamo di fronte ad un vino sii giovane ma di corpo.
 
 










L'acidità permane durante tutta la degustazione perdendo intensità nel lungo termine.

 Se non siete amanti di vini bianchi con una buona acidità ve lo sconsiglio. Ho notato la presenza di particelle in sospensione che “sporcano” la limpidezza del vino.
 

Nel complesso lo ritengo un vino gradevole d'accompagnamento per carni bianche od a pesci magri.

Alla prossima dal vostro Gulliver.

sabato 2 aprile 2016

Il Pannerone Lodigiano


Il Pannerone Lodigiano
  
I buoni banchettanti di Paneropoli credono....... se il loro caminetto splende prima di San Martino
(Ugo Foscolo) 

Cari topini, per parlarvi di questo formaggio dobbiamo rispolverare da quei “cassetti della memoria” come diceva un famoso presentatore alla televisione i nostri studi classici. Per nostra fortuna non dobbiamo rimembrare i versi di “A Zacinto” od avventurarci in una parafrasi "Dei sepolcri” ma semplicemente ricordarci del periodo di permanenza milanese del poeta. 

Ugo Foscolo impressionato dalla quantità di latte che dalle campagne giungeva a Milano decise di soprannominarla Paneropoli (città della panna). 

Questa citazione illuminata fu usata per definire questo formaggio prodotto a Lodi conosciuto anche come “il gorgonzola bianco”.
 
Siamo immersi nella profonda pianura padana tra allevamenti intensivi e zone industriali; quella che uno scrittore odierno definì “Oceano Padano”.

 Al giorno d’oggi, solo poche aziende agricole mantengono la tradizione casearia del Panerone o Pannerone lodigiano.

 

 
Prodotto con latte vaccino intero. 

La particolarità di questo formaggio risiede in un passaggio produttivo che prende il nome di “stufatura”. Questo processo favorisce sia la fermentazione, sia la diffusione di un’occhiatura diffusa ed abbondante che coinvolge l’intera forma.


Il Panerone si presenta con una forma cilindrica del peso di sei chili e con un diametro di trenta centimetri.

Oltre alla particolare nota amarognola che lo contraddistingue dagli altri prodotti caseari nazionali; al gusto si presenta privo di sale.

Il colore bianco avorio conferma la freschezza del formaggio che viene consumato poco dopo la sua breve stagionatura.

 
  

Questo formaggio a causa della sua forte specificità trova pochi estimatori.

 Inoltre risulta difficile inserirlo all’interno di pietanze più o meno complesse; solo alcuni ristoratori del lodigiano sono riusciti ad adattarlo all’interno di alcune pietanze locali. 

 
Una chicca casearia del genere richiede un vino d’accompagnamento altrettanto particolare come può essere il San Colombano al Lambro. Un vino bianco; fresco e con note aromatiche giovani che potremmo paragonare ad un Incrocio Manzoni. 

 


 Ovviamente questo prodotto caseario non rientra nelle DOP italiane come i suoi predecessori; ma ho voluto comunque parlarvene perché mi ha particolarmente colpito per il suo modo di essere controcorrente.

Alla prossima dal vostro Gulliver.